La strage silenziosa. Dal libro “Silicosi” di Egidio Pasuch

Simone Tormen | 29 ottobre 2025 alle 12:37 | 0 commenti

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Un cimitero che non c’è, nascosto sulla collina che domina la verde Valbelluna. Si respira bene, quassù. Purtuttavia, non è un bel posto per iniziare una storia. Ma non è nemmeno bella la storia che si sta per raccontare. Peggiori, però, sarebbero il silenzio e l’oblio.
È grande, questo cimitero. Forse cinque volte quello dei morti a causa del Vajont. Migliaia sono le croci che lo compongono. Ognuna ha un nome, una data di nascita ed una di morte. Erano uomini quelli che ora riposano qui. (…) Solo i parenti di questi morti hanno ancora memoria di questi nomi. Eppure qui dentro, sotto queste croci, vi sono le nere radici del benessere di cui oggi tutti disponiamo. (…) Le loro tombe parlano, raccontano storie di uomini. (…)

Nel martoriato paese di San Gregorio nelle Alpi c’è una frazione, Muiach. E in quella frazione c’era una famiglia con cinque fratelli. Ora riposano tutti qui, sotto un’unica pietra. Guarda le date. Sono tutti deceduti giovani, quelli che dormono qui sotto. Morti tutti in un breve arco di tempo: quindici anni. I loro nomi? Centeleghe Antonio morto nel 1944 a 39 anni d’età; Centeleghe Fortunato morto nel 1949 a 44 anni; Centeleghe Pietro morto nel 1956 a 41 anni; Centeleghe Domenico morto nel 1956 a 61 anni; e Centeleghe Giovanni morto nel 1960 a 52 anni d’età. (…) Lì, accanto a quella dei fratelli Centeleghe, c’è un’altra tomba. La data è quella del 1966. Là sotto riposa Rino Centeleghe, «morto il 15 ottobre scorso, ad Auvelans (Belgio). Lascia la moglie e una bambina di 14 anni». «Nativo di San Gregorio nelle Alpi, il Centeleghe era andato in Belgio diciotto anni fa e aveva sempre lavorato nelle miniere». E se prosegui lungo questa viottola muschiosa, ne trovi tanti come lui. Tornati dal Belgio per morire tra le loro montagne. (…)
Altri nomi, altre storie: Carlo Edotti, nato a Lundenscherd (Germania) da genitori provenienti da Sospirolo; Pietro Triches, di Belluno, classe 1923, deceduto il 6 maggio 1981; Angelo Argenta (aveva lavorato in Francia da giovanissimo, poi in Svizzera: era apprezzato minatore prima, quindi capo squadra ed assistente poi); Ruggero Da Costa, nato il 7 giugno 1925 a Rivamonte Agordino, deceduto a Eupen in Belgio il 21 agosto 1981. «A soli tredici anni iniziò il lavoro di seggiolaio e successivamente fu occupato nelle miniere di rame ad Agordo. Nel 1947 emigrò a Liegi dove lavorò nelle miniere di carbone». Lascia nel dolore la moglie e tre figlie ancora in giovane età.


Siamo quasi all’uscita di questo cimitero. Siamo passati in mezzo alle migliaia di morti di cui la pietà di qualche associazione di ex emigranti ha tenuto vivo il ricordo. In quell’altro lato del cimitero vedi tante altre lapidi senza nomi. Poveri morti dimenticati. Molti hanno lavorato esclusivamente nelle gallerie della provincia. Nessuno si è preoccupato di farci un necrologio, alla loro morte. E di loro si ricordano solo, forse, i nipoti. (…)
Possiamo uscire e cominciare la nostra storia. La storia di un fosco fantasma chiamato silicosi – ecco infine il nome maledetto – che ha decimato, nel dopoguerra, la provincia di Belluno.

Capitolo 1, estratto dal libro “Silicosi. L’olocausto dimenticato della montagna veneta”, di Egidio Pasuch; Bellunesi nel mondo Edizioni, 2025.

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