Uno spazio che racchiude la storia delle genti di Dosoledo, in Comelico Superiore: è il Museo Algudnei, ossia, “qualcosa di noi”, detto in lingua ladina. Si trova nella piazza principale del paese, ospitato nel Palazzo della Regola, già Palazzo Zandonella dall’Aquila, risalente al 1663. Inaugurato nel marzo 2011, il museo è stato voluto dal Gruppo Ricerche Culturali Algudnei, gruppo che si era formato nel 1984, grazie alla volontà di due esponenti della Famiglia bellunese di Milano, originari del Comelico, Arrigo De Martin Mattiò e Germano De Martin Modolado. La lontananza, come spesso accade agli emigranti, acuisce il desiderio di ricordare le origini e tramandare il passato. Essi iniziarono a raccogliere antiche fotografie e documenti e ad esporli, e ben presto si unirono a loro diversi abitanti di Dosoledo, approfondendo gli ambiti di ricerca che ora contraddistinguono il museo: Carnevale – Regole – Rifabbrico – Grande Guerra – Ladino – Clònpär.
A introdurci in questo interessante mondo è la direttrice del Museo, Elvia Zandonella Maiucco, assieme a Dino Zandonella Sarinuto. Prodighi di notizie, raccontano la loro storia, facendola risalire al 1186, data del primo documento che testimonia l’esistenza delle “Vicinie” del Cadore, più note come Regole, ma i primi abitanti sembra avessero occupato il territorio già nell’Alto Mesolitico, 8-9.000 anni fa. Non si conosce, quindi, la data dell’occupazione stabile del Comelico, ma, da recenti scavi, sono emersi reperti che riportano ad un castrum romano. Come per il resto del Veneto, vi furono varie dominazioni, che condizionarono la vita degli abitanti, dai Caminesi, alla Repubblica di Venezia, a Napoleone.
L’esperienza più dolorosa fu, però, la Grande Guerra, che qui – zona di confine – fu particolarmente lacerante, e che viene ricordata nel museo con immagini e pannelli, riportando le testimonianze dei combattenti di entrambi i fronti: italiano e austriaco. La Grande Guerra causò una nuova ondata di emigrazione, ma già nell’Ottocento erano partiti, per vari Paesi dell’Europa, e anche Oltreoceano, i cosiddetti “Clònpär”, artigiani che praticavano il lavoro di stagnino, riportando, al loro rientro, lingue e culture dei paesi visitati. Rientravano in un paese totalmente cambiato da un punto di vista urbanistico, poiché, a causa degli incendi che avevano distrutto le case costruite fino ad allora in legno, fu ricostruito – rifabbricato – totalmente in muratura.
Cosa rimane, oggi degli antichi usi e costumi? Rimangono le Regole, le quali, con i loro Statuti salvaguardano l’ambiente; una buona parte del territorio appartiene ai Regolieri, i quali si prendono cura di boschi, prati e pascoli, aiutandosi reciprocamente. Il diritto passa di famiglia in famiglia – per ora solo per via maschile – e nemmeno lo Stato può alienare queste proprietà. Le Regole discendono dalla dominazione longobarda e, grazie alla gestione collettiva, sono davvero un esempio di democrazia assoluta.
Salendo le scale che portano al museo, ci si imbatte nel settore dedicato al carnevale, che viene festeggiato nel mese di febbraio, quando ha luogo la Mascherata di Santa Plonia. Alcuni manichini in esposizione riproducono le maschere più famose: paiazo, matazin e lachè. Organizzato e frequentato con passione da tutti gli abitanti, questo carnevale è noto in tutto l’arco alpino.
Completano il museo pannelli e interviste che illustrano le caratteristiche della lingua locale – il Ladino – una lingua di origine romanza, parlata da più di un millennio, che risale all’Altomedioevo e che deriva dal latino.
Le attività del museo comprendono anche laboratori didattici destinati alle scuole elementari e secondarie di primo grado, e, parallelamente, il Gruppo Ricerche Culturali Algudnei continua a organizzare mostre e conferenze, e a pubblicare ricerche effettuate da vari studiosi.
Per approfondire l’argomento è possibile visitare il sito www.algudnei.it
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