Tempo fa un parlamentare svizzero-tedesco, appartenente al partito dei patrioti elvetici, mise alla gogna mediatica un’insegnante che aveva concesso una giornata libera ai suoi alunni, di religione musulmana, per la fine della festa del Ramadan. Non solo l’attaccò personalmente, ma mise a disposizione di tutti i recapiti privati della docente che fu prontamente investita da insulti di ogni tipo da parte di altri patrioti elvetici. L’insegnante, sopraffatta da queste minacce, decise di abbandonare il lavoro per un po’ di tempo. I suoi legali le sconsigliarono di andare per vie legali contro il parlamentare svizzero, ma proposero un incontro chiarificatore tra i due.
Qualche giorno fa ho letto un’intervista con questa insegnante che, nel frattempo, ha ripreso il lavoro in un’altra scuola. La donna ha raccontato che l’incontro con il parlamentare non è stato piacevole. Lui si è scusato e sembrava anche imbarazzato dal clamore suscitato dalla sua azione, ma ha anche dato colpa ai giornalisti che avevano frainteso le sue parole. In fin dei conti voleva sottolineare il problema dell’alto numero dei bambini stranieri nelle scuole elvetiche che, secondo lui, abbassano la qualità dell’insegnamento e sono trattati meglio dei bambini autoctoni. Insomma, questo politico è un tipico patriota preoccupato per la “sostituzione etnica” del suo paese.
Il paradosso più grande, secondo me, di questa situazione è che l’insegnante “permissiva” ha un nome e cognome italiano, ma sembra che, per il politico in questione, questo dettaglio non sia stato importante. Evidentemente per lui gli stranieri “cattivi” sono altri. Mi chiedo solo che cosa avrebbe fatto il patriota elvetico qualche decennio fa, quando gli “inquinatori” dei costumi elvetici eravamo proprio noi Tschingg.
Ma che cosa significa “fraintendimento”? Secondo i dizionari il termine significa “interpretazione incompleta, arbitraria, fallace delle parole o anche delle azioni di qualcuno”.
Chi fa politica dovrebbe essere consapevole che le sue parole hanno un peso specifico. Dovrebbe quindi stare molto attento quando usa termini come “etnia”, “razza” o “sostituzione etnica”, aizzando il proprio elettorato contro i “nemici” di turno, magari con la complicità di coloro che li ascoltano/leggono e non dicono nulla.
E, invece, quando scopre di essere andato troppo in là, liquida la cosa come un “fraintendimento”. Troppo comodo! Perché chi trova questa scusa banale per giustificare le proprie parole è fondamentalmente un vigliacco che getta il sasso e ritira la mano. Quello che viene detto/scritto, oggi, può essere analizzato linguisticamente senza problemi. Quindi è difficile pensare a fraintendimenti da parte di gente ignorante che non conosce l’arte della retorica del “Cicerone” di turno.
Sono anche convinto che pretendere le scuse da parte di chi usa pubblicamente certe parole o compie azioni, come quelle del patriota elvetico, sia una richiesta patetica e un po’ ipocrita. La mentalità di certe persone non cambierà mai, ma è continuamente alimentata dall’ideologia xenofoba e razzista che loro stessi coltivano per convinzione/opportunismo. Per me è solo strano che esse si offendano quando fai notare le contraddizioni delle loro idee. Si sentono veramente “patrioti” e iniziano i loro discorsi spesso con “io non ho nulla contro gli stranieri, ma…”. Ecco, c’è sempre un “ma” che legittima tutto quello che diranno dopo in nome della libertà di parola (e quindi anche quella di dire sciocchezze).
Dopo le scuse all’insegnante, il patriota elvetico ha messo alla pubblica gogna gli organizzatori (svizzero tedeschi!) di una serata informativa in una scuola dello zurighese sulle differenze di genere. Il lupo perde, quindi, il pelo, ma non il vizio… non solo in Svizzera.
Raffaele De Rosa


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